Diversità.
Ragionavo su questa parola.
Diversità di vedute, diversità di modi di vivere, diversità di carattere, diversità fisiche, diversità legate a caratteri che raggruppano individui in gruppi omogenei: razza, appartenenza politica, religione, orientamento sessuale, ecc, ecc.
Il mondo è pieno di diversità di vario genere, tutte riconducibili all’oggettiva diversità di ogni essere umano rispetto ad un altro o, forse meglio, all’unicità di ogni essere umano ed alla sua irrepetibilità.
E spesso, se non sempre, queste diversità costituiscono la vera discriminante che va a regolare i rapporti umani, di qualsiasi natura essi siano, a partire dalla conflittualità fino ad arrivare all’amore con tutto ciò che si trova tra questi due estremi.
Ma ho anche pensato che noi osserviamo e notiamo la diversità altrui paragonando un soggetto 1 ad un un soggetto 2; soggetto 2 che molto spesso siamo noi stessi.
Quindi noi come termine di paragone per evidenziare e interpretare ciò che è diverso.
In tutto questo, però, credo che perdiamo di vista un fattore importante; se è vero che nessuno è paragonabile a qualcun altro, è altrettanto vero che ciò che noi siamo oggi non è paragonabile a ciò che eravamo anche solo 1 anno fa.
Ciò che perdiamo di vista, cioè, è la nostra diversità rispetto a noi stessi; il nostro mutare, il nostro evolvere, il nostro maturare.
Tutto sto pippone popolar-filosofico per arrivare al punto chiave della mia elucubrazione mentale probabilmente scatenata da un consumo eccessivo di sushi in un tempo troppo breve.
Il punto è che quando diciamo che quella data persona ha catturato la nostra attenzione, ha catalizzato i nostri sentimenti, ha spudoratamente e impietosamente conquistato il nostro cuore, lo diciamo giustificando questo nostro sentire col fatto che “è diversa da tutte le altre”…
Come direbbero i latini, “grazie al cazzo”, per forza è diversa, lo siamo tutti!
No, il punto non è che lei è diversa; il punto è che siamo diversi noi da quando quella persona c’è.
Il punto è che quella persona ci fa vivere e interpretare l’amore in modo totalmente diverso da chiunque altro prima di lei.
Il punto è che siamo noi a sentirci in modo diverso e, di riflesso, a sentire l’altro in modo diverso: unico nel vero senso della parola, per certi versi totalmente inedito e privo di qualsiasi elemento che sia paragonabile ad altro.
Le regole del gioco saltano completamente, le basi su cui poggiava il nostro modo di decodificare l’amore crollano, le decine-centinaia-migliaia di costruzioni mentali erette negli anni per gestire il principe dei sentimenti, improvvisamente scompaiono lasciando campo libero al nuovo…al diverso appunto.
Questo credo capiti una volta nella vita, se si è fortunati.
LA persona che spazza via tutto ciò che c’è stato prima.
LA persona che che fa emergere il noi stessi diverso o, forse, il noi stessi più vero, più genuino.
LA persona che più di chiunque altro dà valore al nostro mutare, regala un senso al nostro essere diversi, fa sì che il nostro sentirci in modo diverso migliori la nostra vita…ci permetta di sentirci migliori come esseri umani.
Tutte le directory che contengono le relazioni della nostra vita le prende e le archivia, poi fa “Pulsante Destro/Nuovo/Cartella/NOI”…l’ultima cartella, quella che non si cancella mai, che non si archivia mai, che si avvierà in automatico ad ogni avvio del sistema…anzi che costituisce il cuore del sistema stesso.
LA persona diversa da chiunque altro come tutti.
LA persona che da quando è entrata nella nostra vita ha fatto sì che fossimo diversi da qualsiasi versione di noi precedente.
E sentiamo…sappiamo che è la persona della nostra vita.
L’arrivare ad avere una storia o no è totalmente ininfluente riguardo questa affermazione.
Non è il tipo di rapporto a definire chi è per noi quella persona o come noi ci sentiamo con lei.
Ci sentiamo diversi, ci sentiamo bene, in tutta la nostra pienezza...nulla di più, nulla di meno.
Semplicemente diremo un "Ti Amo"…e forse per la prima volta queste parole saranno davvero sature del loro significato più puro.
"Ti Amo".
Punto.