Alla fine ci si sente soli.
Figli delle nostre scelte.
Scelte fatte su fattori irrazionali.
Ci si infila in situazioni, in rapporti improbabili,
si spendono testa e cuore là dove si valuta ne valga la pena
senza saperne i perchè, ma accettandoli tutti quei perchè sconosciuti.
Si guarda con occhi la cui vista, prima di arrivare alla testa, passa dal cuore e il cuore, si sa, non mente mai.
E si resta quasi sospesi in un "nulla" che ha sapore di "tutto"; nessuna richiesta, nessuna pretesa, nessuna aspettativa.
Semplicemente si resta, perchè non c'è altra possibilità, perchè qualsiasi alternativa al restare non sarebbe accettabile, perchè quel muscolo involontario che saggiamente è stato messo al centro del nostro corpo perchè ne è davvero il centro, continua a dirci che è giusto così, che chi si ha davanti può davvero essere la persona che fa la differenza.
E si resta soli, in una attesa che tale non deve sembrare: semplici osservatori di una vita altrui che scorre nella sua quotidianità normale, aspettando di capire se quell'amore vedrà mai concretizzarsi la sua possibilità di vivere pienamente.
Si resta alla finestra, affamati, a guardare attraverso i vetri chi sta mangiando e chiedendosi se mai quella fame potrà essere saziata.
Si resta lì, trattenendo le mille cose che si vorrebbero dire perchè si sa che non sarebbe giusto dirle.
Si resta immobili in bilico tra speranza e rassegnazione.
Come un acrobata sul filo, si tenta di mantenere un equilibrio sapendo che ultimare il percorso o cadere non dipende da noi, non solo.
E si pensa che tutto questo sia folle, che sia insensato.
Ma si resta lì, testardi come muli in nome di un amore che, citando un passaggio di un fumetto, "potrebbe richiedere tutto senza dare nulla".
Ma certi rischi si corrono perchè il possibile traguardo vale anche la possibilità di "morire" lungo il cammino per raggiungerlo.
E pensando a quel traguardo, così lontano, ci si sente forse un po' meno soli.