Il 27 novembre 2018 non ha certo brillato nel firmamento dei trasporti
ferroviari, perlomeno non nella tratta Rivarolo-Chieri; appena giunto
alla stazione del Lingotto, per fare ritorno a casa dopo una giornata di
lavoro, osservando il tabellone delle partenze ho subito intuito che
sarebbe stato un lungo viaggio…gli indizi erano chiari, tipo “ritardo 45
minuti” o un decisamente più inquietante “Cancellato”.
Dagli
altoparlanti comunicano che un guasto tra le stazioni di Trofarello e
Chieri comporterà ritardi a cancellazioni, ultimando l’annuncio con
l’ormai evergreen “ci scusiamo per il disagio” che è diventato un
classico come e forse più di “Nel blu dipinto di blu” di Domenico
Modugno…se si facessero pagare i diritti SIAE per quella frase, le
ferrovie italiane sarebbero la prima potenza economica mondiale.
Fermo
al binario 4, ascolto gli annunci e osservo le rotaie come un cane
osserva la ciotola del cibo vuota, in attesa che il miracolo si compia e
appaia come per magia il treno che mi riporterà a casa. Miracolo che
sembra arrivare quando viene annunciata la partenza del convoglio per
Chieri al binario 1.
L’esodo biblico dei passeggeri si compie nel
sottopasso lingottiano (o lingottese? vabbè non è importante); un
popolo stanco e mediamente esasperato che accoglie questa partenza come
un segno della bontà divina.
Il sospiro di sollievo però dura il
tempo di due fermate perchè giunti a Trofarello ci viene comunicato che
il treno termina la corsa e non prosegue.
La sensazione è la
stessa che si proverebbe se ci facessero vedere i regali sotto l’albero
e, all’ultimo momento, ci dicessero che non sono per noi.
Il
clima generale spazia dalla rassegnazione alla rabbia, con un inizio di
imprecazioni così fantasiose da meritare di prendere qualche appunto,
che nella vita servono sempre nuove forme di insulto.
Consulto il
tabellone delle partenze e leggo che al binario 5 arriverà, con un
inevitabile ritardo di 25’, il prossimo convoglio; mi piazzo e attendo
fiducioso, mentre al binario 6 c’è ancora un capannello di passeggeri
che discute animatamente con il macchinista, confermando la tendenza a
prendersela con chi non c’entra una beata mazza con le situazioni che ci
recano disagio:
al ristorante il cibo non è buono? me la prendo col cameriere.
al supermercato ci sono troppe poche casse aperte? me la prendo con le cassiere.
il treno si ferma a Trofarello? me la prendo col macchinista.
Essere l’interfaccia col pubblico è il lavoro più rischioso e meno gratificante del mondo.
A
frantumare ogni speranza di viaggiare ancora su rotaia, arriva
l’ennesimo annuncio che avvisa della presenza di un pullman sostitutivo
pronto nel piazzale adiacente alla stazione.
Ennesimo spostamento
con esito incerto, in quanto del suddetto pullman non vi è ancora
traccia, se non nella fantasia scatenata da un processo mentale di
disperazione che ti fa vedere un autobus anche guardando una fiat 500
del 1971.
Intanto valuto le alternative possibili:
1)
Taxi: tempo stimato di arrivo a casa 25 minuti
Costo stimato: 30 euro
Esito: bocciato
2)
Autobus 45 fino a Cambiano e proseguimento a piedi fino a casa: tempo stimato di arrivo 1,5 ore
Costo: zero
Rischio di essere investito durante il tragitto pedestre: alto
Esito: bocciato
3)
Dormire in stazione a Trofarello: tempo di arrivo a casa 24 ore
Costo: zero
Possibilità di racimolare qualche euro venendo scambiato per un clochard: scarsa
Rischio di venire cacciato per vagabondaggio: alto
Esito: bocciato
Terminate
le opzioni e gran parte delle energie, mi rassegno ad attendere il
tanto famigerato bus, quando l’inaspettato si materializza nella figura
di una giovane ragazza che mi si avvicina e mi chiede cosa sia successo,
incuriosita dal volume di persone ferme davanti alla stazione.
La
breve spiegazione che le fornisco è utile a scatenare quella roba di
cui tanto riempiamo i nostri post sui social, ma che stentiamo a
materializzare in gesti concreti: la solidarietà.
La ragazza in
questione fa semplicemente un rapido calcolo: sono in macchina e vado a
Chieri, ho 4 posti vuoti che equivalgono ad altrettante persone che
posso trasportare fino a casa o quasi…e siccome la matematica non è
un’opinione, al contrario della solidarietà che più che un’opinione è
sempre più un’eccezione alla regola del cinismo, si offre di
accompagnare 4 di noi fino alla stazione di Chieri, da cui poi ognuno
proseguirà come è solito fare.
Il tragitto scorre tra chiacchiere
e qualche risata ironica sull’accaduto e su altri argomenti sicuramente
futili, ma che servono sia a stemperare la tensione accumulata (e anche
un po’ di stanchezza), sia a rendere gradevoli i pochi chilometri che
ci separano dalla meta.
Rientro a casa stupito di essere stupito,
perchè mi rendo conto che l’ovvio è diventato ormai rarità, che la
normale tendenza all’aiuto reciproco sta lasciando il posto alla
diffidenza, alla paura e a quell’egoismo che troppo spesso viene
definito sano, senza considerare che lo è nella misura in cui viene
bilanciato da un tendere verso l’altro.
Questa ragazza, di cui
non ricordo il nome, non ha avuto il minimo dubbio, nessuna
incertezza…per lei era del tutto normale offrire quel passaggio che
invece non era assolutamente un atto scontato, soprattutto nel mondo dei
“grandi”.
Ma si sa, i giovani spesso costituiscono il meglio
della società, proprio perchè non hanno ancora avuto il tempo di farsi
corrompere da essa.
Incasso la lezione di vita e la faccio mia, giusto per ricordarmi come dovrebbero funzionare le cose in un mondo normale.
Quindi
il grazie va a lei, non tanto per il passaggio tanto gradito quanto
inaspettato, ma per per aver dimostrato, ancora una volta, che basta
davvero poco per essere semplicemente quello per cui siamo stati
progettati: esseri umani.
lunedì 15 novembre 2021
Dalle stalle alle stelle
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento