lunedì 22 novembre 2021

Siamo tutti Fonzie

fidùcia s. f. [dal lat. fiducia, der. di fidĕre «fidare, confidare»] (pl., raro, -cie). – Atteggiamento, verso altri o verso sé stessi, che risulta da una valutazione positiva di fatti, circostanze, relazioni, per cui si confida nelle altrui o proprie possibilità, e che generalmente produce un sentimento di sicurezza e tranquillità [...]

(Fonte: vocabolario Treccani online)

Il mondo di oggi, ma non credo che in passato fosse molto diverso seppur con altri parametri, tende a creare un forte sentimento di sfiducia da parte della gente nei confronti del prossimo.

Di contro sembra che tale sentimento non venga un granchè applicato verso se stessi, il che si traduce spesso nell'incapacità o nella mancanza di volontà di mettersi in discussione, che poi è un modo elegante per esprimere il concetto, ormai assimilato da molti e introdotto con mirabile stile da un grande Alberto Sordi ne "Il marchede del grillo", ovvero: "io sono io e voi non siete un cazzo".

Eppure viviamo un'intera esistenza ponendo la nostra inconsapevole fiducia verso qualcuno e molto spesso di quel qualcuno non conosciamo nè nome, nè tantomeno il volto, figuriamoci il curriculum o le competenze.

Nel confort delle nostre casette confidiamo che l'architetto le abbia progettate bene, che gli artigiani le abbiano costruite altrettanto bene, che gli impianti siano sicuri: insomma che non ci crollino in testa al primo alito di vento.

Usciti di casa prendiamo la nostra bella macchinina per andare al lavoro o dove ci pare, confidando che se schiacciamo il pedale centrale la macchina freni perchè progettata bene, costruita bene, manutenuta bene dall'officina di fiducia (ops, ho detto fiducia).

Presi dai nostri mille impegni, perchè siamo persone di mondo, mica bau bau micio micio, ci fermiamo velocemente in un locale per mangiare un boccone confidando che il cibo sia fresco, correttamente conservato e debitamente cucinato: insomma che non faccia proprio schifo e non ci faccia morire di qualche malattia rara.

In attesa di riprendere le importantissime cose che abbiamo da fare, uno sguardo veloce allo smartphone per aggiornare il nostro profilo sui social comunicando al mondo dove siamo, cosa abbiamo mangiato, dove stiamo andando, ecc ecc. confidando sul fatto che a nessuno, leggendo, venga in mente di svaligiarci casa perchè capisce che siamo fuori.

Magari facciamo anche qualche piccolo acquisto online, confidando che la sicurezza dei nostri dati bancari venga garantita sia dalla nostra banca, sia dal soggetto da cui compriamo.

Incrociamo decine, centinaia di sconosciuti ogni giorno e confidiamo che nessuno di loro ci faccia volontariamente del male.

Senza parlare di quando mettiamo letteralmente la nostra vita in mano a qualcun altro, sia esso un pilota di aerei, un medico, un semplice autista di autobus, ecc. ecc. ecc.

Viviamo in un costante atteggiamento di fiducia, anche se non ce ne rendiamo conto e, come recita la definzione data dal vocabolario Treccani, la fiducia è la diretta conseguenza di una serie di valutazioni che fanno sì che ci si senta ragionevolmente al sicuro in una data situazione, anche se non vi può essere una certezza assoluta (del resto di certo c'è solo la morte, oltre al fatto che gioco a basket da schifo e che suono la chitarra in modo scandaloso).

In sintesi ci fidiamo perchè, per un calcolo delle probabilità, le possibilità che avvenga un evento per noi dannoso sono molte meno di quelle che tale evento non si manifesti, pertanto ci sentiamo in qualche modo garantiti.

La distorsione che questi strani tempi portano con sè è che proprio laddove determinate garanzie statistiche siano rafforzate da comprovata esperienza, studi specifici, anni di pratica, professionalità dimostrata e via di questo passo, in qualche modo ci si senta in diritto dubitare (il che è lecito) e di controbattere quasi sempre senza averne le competenze (e questo non è lecito).

Ormai un atto di fiducia sta diventando semplicemente un'estensione delle nostre convinzioni, estromettendo di fatto dal nostro modo di pensare, un concetto tanto semplice quanto, pare, così difficile da assimilare: "dove non so e non posso arrivare a sapere abbastanza, devo necessariamente fidarmi di chi sa molto più di me e al massimo chiedere maggiori informazioni".

Invece semplicemente ci fidiamo (o crediamo di farlo) dove ci fa comodo, carichi delle nostre certezze per le quali cercheremmo conferma da qualsiasi fonte, pur di non doverle mettere in discussione.

Stiamo diventando dei piccoli Fonzie terrorizzati al solo pensare di dover pronunciare le parole "ho sbagliato"; se almeno ci fossero ancora i juke box, potremmo mettere su un po' di musica colpendoli con perizia al grido di "Hey", e invece nemmeno questo.

Del resto, quando si è assuefatti al suono della propria voce, non c'è più spazio per altro.

Occorre però fare attenzione, perchè ad essere troppo pieni di sè si rischia una bella indigestione di ego e potrebbe essere davvero un'esperienza dolorosa: fidatevi!

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